La Carbon Footprint – anche conosciuta come impronta di carbonio – rappresenta quantità esatta delle emissioni di gas serra di un prodotto o di un’organizzazione generate lungo il ciclo di vita di un prodotto o servizio.
Il Protocollo di Kyoto è stato il primo accordo internazionale finalizzato alla riduzione dei GHG – Greenhouse Gases – per contrastare il cambiamento climatico. Si tratta di gas che, in base al Global Warming Potential (potenziale di riscaldamento globale), contribuiscono al riscaldamento climatico globale. La diminuzione delle emissioni di carbonio determina un miglioramento dell’efficienza energetica, delle risorse e di conseguenza anche un risparmio economico.
In conformità al Protocollo di Kyoto, i gas ad effetto serra da includere sono: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido d’azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFCs), esafluoruro di zolfo (SF6) e perfluorocarburi (PFCs). La tCO2e (tonnellate di CO2 equivalente) permette di esprimere l’effetto serra prodotto da questi gas in riferimento all’effetto serra prodotto dalla CO2, considerato pari a 1 (ad esempio il metano ha un potenziale serra 25 volte superiore rispetto alla CO2, e per questo una tonnellata di metano viene contabilizzata come 25 tonnellate di CO2 equivalente).
La Carbon Footprint di un’Organizzazione si calcola realizzando un “inventario delle emissioni di gas serra”, con riferimento annuale, per capire quanto e in quali attività o settori vi è traccia di carbonio, così da poterla ridurre o eliminare.
Espressa nell’unità di misura CO2eq, la Carbon Footprint di Prodotto (CFP) considera le emissioni complessive di tutte le fasi della vita del prodotto o servizio “dalla culla alla tomba”, rapportate al Global Warming Potential della CO2: la contabilità parte dalle fasi di approvvigionamento e trattamento delle sue materie prime costitutive, alla loro lavorazione e produzione del prodotto, ai trasporti fino al cliente, al suo utilizzo, allo smaltimento del prodotto a fine vita.
Negli ultimi anni è stato percepito un sostanziale incremento dell’utilizzo di nuovi nuovi prodotti ecocompatibili sulla base di un’attenta LCA (Life Cycle Assessment), sia in campo edile oltre a quello industriale.
Con il recepimento delle direttive europee sui prodotti edilizi (Direttiva europea 89/106, recepita in Italia con il DPR n. 246 del 21 aprile 1993 e sostituita dal Regolamento europeo 305/11, entrato pienamente in vigore il 1 luglio 2013) anche il campo delle costruzioni ha iniziato a prestare sempre più attenzione ai materiali sostenibili, una scelta che in precedenza era esclusivamente adottata dal campo industriale.
Troviamo alcuni esempi ad oggi in commercio, quali: pannelli in fibra di cellulosa, vernici a base di pigmenti naturali, pannelli strutturali riciclati, pannelli rinforzati in legno, paglia e cemento, prodotti in pietra riciclata che derivano da scarti di pietre calcaree e plastiche specifiche, isolanti a base di lana di pecora, prodotti che adottano membrane bituminose rigenerate e molti altri ancora.
La Life Cycle Assessment, in italiano “analisi del ciclo di vita”, è una metodologia analitica e sistematica che valuta un insieme di interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita; includendo i punti di pre-produzione (quindi anche estrazione e produzione dei materiali), produzione, distribuzione e uso, il suo riciclaggio e la dismissione finale; l’analisi comprende dunque tutta la vita utile del prodotto, perciò spesso nominata analisi “dalla culla alla tomba”.
Le linee guida di riferimento per una LCA sono le norme ISO della serie 14040.
La LCA può essere considerata come strumento per valutare il potenziale impatto ambientale associato al ciclo di vita di un prodotto o di un processo o di un’attività, usando la quantificazione dell’utilizzo delle risorse (“immissioni” come energia, materie prime, acqua) e delle emissioni nell’ambiente (“emissioni” nell’aria, nell’acqua e nel suolo) associate con il sistema oggetto della valutazione.
Tale sistema ha ancora delle limitazioni in quanto adotta dei modelli per analizzare l’impatto ambientale; i risultati di una LCA sono comunque basati su dati globali che possono non adattarsi ad applicazioni locali e la sua accuratezza risulta limitata da una a volte scarsa qualità dei dati. Nondimeno, oggi rimane uno dei metodi più affidabili per la valutazione di un prodotto o attività nelle sue interazioni con l’ambiente.
La LCA permette di sviscerare la complessità dell’intero ciclo di vita, permettendo così di individuare quali sono le fasi maggiormente impattanti e che necessitano di interventi. La LCA può essere considerata una traccia per il miglioramento dei prodotti sia esistenti che nuovi.
I risultati della LCA possono essere utilizzati per confrontare prodotti simili oppure diversi ma con la stessa funzione, per richiedere certificazioni ambientali e per comunicare la prestazione ambientale del prodotto.
La rilevanza delle tecniche di LCA risiede principalmente nel loro approccio innovativo, che consiste nel riuscire a valutare tutte le fasi di un processo produttivo “dalla culla alla tomba” come correlate e dipendenti: tra gli strumenti per l’analisi di sistemi industriali, l’LCA ha assunto in questi anni un ruolo rilevante ed è in forte crescita a livello di impieghi tecnici nazionali ed internazionali.
A livello internazionale la metodologia LCA è regolamentata dalle norme ISO della serie 14040, in cui uno studio della Life Cycle Assessment (LCA) viene strutturato sulla base delle seguenti fasi di lavoro:
A livello europeo il valore strategico dell’adozione della metodologia LCA come strumento di base è espressa all’interno del Libro Verde COM 2001/68/CE e della COM 2003/302/CE sulla Politica Integrata dei Prodotti, ed è suggerita anche all’interno dei Regolamenti Europei EMAS (Reg. 1221/2009) ed Ecolabel (Reg. 61/2010).
Le sue applicazioni (sono numerose):
Con il termine “eco-design” o “design sostenibile” spesso ci si focalizza solo sul termine “design”, pensando perciò a caratteristiche di struttura e funzionalità innovative e rispettose dell’ambiente.
Tuttavia, l’Eco-design è un elemento base di un modello economico sostenibile; consiste in una progettazione basata sull’impiego dinamico di risorse e materiali, permette di ridurre l’impatto ambientale legato alla produzione e contribuisce a ridurre la quantità di rifiuti generati, intervenendo su durabilità, riparabilità, possibilità di aggiornamento e riciclabilità dei prodotti stessi. Tale progettazione mette al centro i principi dell’economia circolare.
Alla base di questo processo troviamo alcuni principi chiave:
Il primo è sinonimo di una visione olistica del prodotto, inteso come sistema influente che interagisce con l’ambiente in ogni fase, partendo dall’estrazione delle materie prime, all’uso, fino alla sua gestione a fine vita.
Il principio di “eco-charrette” rappresenta invece un approccio di condivisione ed è multidisciplinare che caratterizza lo studio di fenomeni complessi.
Praticare eco-design richiede infatti:
I principi dell’ecodesign si applicano a tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, con l’obbiettivo di ridurne l’impatto ambientale complessivo: dall’approvvigionamento e impiego delle materie prime, che devono essere riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili e non tossiche;
lavorazione, processo produttivo e alla distribuzione devono rispettare la direttiva dell’UE sull’eco-design (Direttiva 2009/125/CE), in termini di efficienza energetica e di ridotto impatto ambientale.
Anche il consumo del prodotto e la capacità di riutilizzo convergono nel definirlo eco e sostenibile: il ciclo di vita del prodotto deve poter essere allungato il più possibile, attraverso il riciclo e/o il riutilizzo dei propri componenti. In alternativa il prodotto dovrà risultare biodegradabile al 100%, in modo da rientrare completamente nel ciclo naturale.
L’ecodesign rappresenta quindi la nuova visione del design: la possibilità di progettare senza tenere conto del ciclo di vita completo dei prodotti. Attraverso la metodologia LCA (Life Cycle Assessment), potrà essere valutato l’intero ciclo di vita dei prodotti e come questi “interagiscono” con l’ambiente, comprendere le fasi di pre-produzione, produzione, distribuzione, uso e riuso, smaltimento finale.
Questa è una procedura standardizzata a livello internazionale secondo le norme ISO 14040 e 14044. L’ottica di sistema è alla base della logica LCA, consente di comprendere e gestire la complessità della filiera, a monte e a valle del processo di produzione. Vengono quindi individuate le criticità nell’intero ciclo di vita del prodotto, per ipotizzare soluzioni volte al risparmio e al recupero di energia e materiali.
Importanti riferimenti sono la ISO 14006 per l’integrazione dei processi di eco-design nei sistemi di gestione ambientale e la ISO-TR 14062 che presenta soluzioni concrete per attuare tali percorsi. L’interesse per l’argomento è anche considerato dall’ uscita della ISO 62959 sull’ “environmental conscious design”.
La Dichiarazione Ambientale di Prodotto (Environmental Product Declaration) è un documento che descrive in modo trasparente, oggettivo e comparabile l’impatto ambientale di un determinato prodotto o servizio. La EPD ha valenza internazionale, e può essere applicata a tutte le tipologie di prodotti o servizi.
La DAP è uno schema di certificazione volontaria nato in Svezia ma di valenza internazionale, in applicazione a tutte le tipologie di prodotti o servizi, che rientra fra le politiche ambientali comunitarie (rif.to Politica Integrata di Prodotto – IPP). Lo scopo è quello di informare il mercato riguardo l’impatto ambientale di un prodotto o servizio.
La norma ISO 14020 distingue tre tipologie di etichette ambientali, ovvero:
TIPO I (ISO 14024): etichette ecologiche volontarie basate su un sistema che considera l’intero ciclo di vita del prodotto. Sono sottoposte a certificazione esterna da parte di un organismo competente, che può essere pubblico o privato.
TIPO II (ISO 14021): autodichiarazione ambientale, dove le informazioni vengono fornite da produttori, importatori o distributori di prodotti ma senza l’intervento di un organismo di certificazione indipendente. Sono previsti, in ogni caso, dei vincoli per quanto riguarda i contenuti e le modalità di diffusione.
TIPO III (ISO 14025): dichiarazione ambientale di prodotto, o EPD, contiene informazioni oggettive e quantificabili sull’impatto ambientale associato al ciclo di vita di un prodotto. Le attività di verifica e convalida vengono svolte da organismi terzi accreditati.
La DAP utilizza la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA – Life Cycle Assessment) come metodologia per l’identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali. L’applicazione deve essere conforme a quanto previsto dalle norme della serie ISO 14040, n modo da garantire l’oggettività delle informazioni contenute nella dichiarazione.
Per ottenere la certificazione di una Dichiarazione Ambientale di Prodotto, occorre verificare la disponibilità delle “Regole Specifiche di Prodotto” per il tipo di prodotto o servizio per il quale si intende predisporre la DAP.
Se sono già disponibili l’Organizzazione deve:
Se la DAP e lo studio LCA risultano adeguati, l’ente provvede alla convalida della Dichiarazione Ambientale di Prodotto. Successivamente l’Organizzazione richiede la registrazione della Dichiarazione nel Registro EDP, acquisendo il diritto di utilizzo del relativo logo; la Dichiarazione ha validità triennale.
Se le PCR non sono ancora disponibili allora l’Organizzazione deve preventivamente elaborare una PCR specifica per la tipologia di prodotto/servizio e richiederne l’approvazione; In attesa che la PCR sia approvata dall’Organismo competente, l’Organizzazione può richiedere la pre-certificazione della DAP.
I vantaggi della DAP riguardano sia i produttori che i consumatori;
I produttori possono dimostrare di essere attenti e sensibili alle tematiche ambientali, avendo condotto analisi approfondite sul loro prodotto o servizio riguardante l’impatto ambientale;
I consumatori possono ottenere informazioni chiare e trasparenti sul prodotto/servizio stesso.
Tra gli altri benefici della Dichiarazione Ambientale di Prodotto sono presenti:
Ecolabel è il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea (Ecolabel UE) che contraddistingue prodotti e servizi che pur garantendo elevati standard prestazionali sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. Il marchio è stato istituito nel 1992 dal Regolamento n. 880/92 ed è oggi disciplinato dal Regolamento (CE) n. 66/2010 in vigore nei 28 Paesi dell’Unione Europea e nei Paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo – SEE (Norvegia, Islanda, Liechtenstein).
Ecolabel UE è un’etichetta ecologica volontaria basata su un sistema di criteri, che tengono conto degli impatti ambientali dei prodotti o servizi durante l’intero ciclo di vita ed è sottoposta a certificazione da parte di un ente indipendente (organismo competente). La prestazione ambientale è valutata su base scientifica analizzando gli impatti ambientali più significativi durante l’intero ciclo di vita del prodotto o del servizio, tenendo anche conto della durata della vita media dei prodotti e della loro riutilizzabilità/riciclabilità e della riduzione degli imballaggi e del loro contenuto di materiale riciclato.
L’obiettivo è quello di garantire la trasparenza e la credibilità dei programmi di etichettatura ambientale di tipo I e di armonizzare i principi e le procedure ad essi applicabili. Si tratta, quindi, di garantire accuratezza e affidabilità delle informazioni ambientali sul mercato.
In vigore dal 10 maggio la UNI EN ISO 14024:2018 stabilisce i principi e le procedure per lo sviluppo di programmi di etichettatura ambientale di Tipo I, includono la selezione delle categorie di prodotto, dei criteri ambientali di prodotto e delle caratteristiche funzionali di prodotto, per la valutazione e la dimostrazione della conformità e stabilendo le procedure di certificazione per l’assegnazione dell’etichettatura La ISO 14024:2018 stabilisce inoltre le procedure di certificazione per l’assegnazione dell’etichettatura.
Etichettatura ambientale di Tipo I: Etichette ecologiche volontarie basate su un sistema multicriteria che considera l’intero ciclo di vita del prodotto, sottoposte a certificazione esterna da parte di un ente indipendente (tra queste rientra, ad esempio, il marchio europeo di qualità ecologica ECOLABEL). (ISO 14024). I programmi di tale etichettatura dono volontari, possono essere gestiti da agenzie pubbliche o private e possono essere di natura nazionale, regionale o internazionale.
I diversi approcci dell’etichettatura ambientale assegnano la propria etichetta ai prodotti che soddisfano una serie di requisiti predeterminati; l’etichetta identifica i prodotti che sono ritenuti opportuni dal punto di vista ambientale all’interno di una particolare categoria di prodotti.
Le descrizioni e i principi base presenti nella precedente edizione (1999) sono invece rimasti invariati, in quanto descrivono pienamente il lavoro che gli Ecolabel di tipo I svolgono con successo nel mondo”.
La Environmental Product Declaration è una dichiarazione degli impatti ambientali di un prodotto, generati lungo tutto il suo ciclo di vita; è un’etichetta ambientale di Tipo III: Etichette ecologiche che riportano dichiarazioni basate su parametri stabiliti e che contengono una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto calcolato attraverso un sistema LCA. Sono sottoposte a un controllo indipendente e presentate in forma chiara e confrontabile. Tra di esse rientrano le “Dichiarazioni Ambientali di Prodotto”: ISO 14025, stabilisce in particolare l’uso della serie di norme ISO 14040 nello sviluppo di programmi di dichiarazione ambientale di tipo III e di dichiarazioni ambientali di tipo III.